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Per un dialogo con Dio

Riflessioni sulla preghiera





Questo studio sulla preghiera riporta integralmente il contenuto del libro "PER UN DIALOGO CON DIO" di GUY APPÈRÉ - Edizioni E. P. - C. P. 20 - Finale Ligure (SV)




Capitolo 7: La Parola e la preghiera







1. Pregare in Nome di Dio

2. Pregare secondo la volontà di Dio

3. La ricerca della volontà di Dio

4. Uno spirito di obbedienza

5. Malgrado la nostra ignoranza




Perseverare nella preghiera fino al suo esaudimento, ecco il dovere. Ma esso ha dei limiti, come del resto la preghiera stessa: anche questo c’insegna la Bibbia.

1. Pregare in Nome di Dio

L’espressione «in Nome di Dio» indica già certi limiti.

Non è possibile, infatti, domandare qualsiasi cosa «in Nome di Gesù Cristo».

Non sarebbe sconveniente domandare a Dio, nel nome di Lui, una cosa sulla quale Egli sarebbe in completo disaccordo?

Quando il Signore ha promesso: «Tutto quello che chiederete nel Nome Mio, Io lo farò» (Giov.14:13), non intendeva affatto firmare un assegno in bianco per soddisfare una qualsiasi richiesta presentata dagli uomini o magari dai Suoi discepoli più fedeli.

Se noi dubitassimo basterebbe ricordare il rimprovero di Giacomo: «domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri» (Giac. 4:3).

Guardiamo bene, dunque, dal pensare alla frase abituale «in Nome di Gesù», che conclude molte preghiere, come ad una formula magica che possa aprire tutte le porte e garantire l’esaudimento.

Essa non è necessaria nemmeno per introdurre il rituale «Amen», tantomeno è indispensabile a una preghiera efficace.

Per contro, presente o meno, quello che essa implica e richiede sempre è una identificazione della domanda con la volontà e i desideri di Cristo per noi.

La preghiera che Dio esaudirà è quella che l’uomo indirizzerà a Lui
in armonia col Suo Figlio, quella che davvero può esserGli presentata nel Nome di Lui.



D’altronde, è bene che sia così.
A quali sventure noi saremmo votati, se ricevessimo sempre quello che desideriamo!

Noi che ignoriamo nella maniera più assoluta come sarà l’indomani, e persino l’ora che si avvicina, come potremmo discernere e domandare le grazie utili per farvi fronte?
E poi, non è Dio infinitamente più ricco e generoso di quanto noi potremmo immaginare?

Pregare «nel Nome di Gesù» (Efes. 3:20), significa domandare a Dio quello che Egli non può rifiutare al Suo Figlio, quello che Egli stesso vuole darci, vale a dire, quello che Lo glorificherà e nel contempo risponderà al nostro sommo bene.

Pregare «nel Nome di Gesù» non significa altro che pregare secondo la volontà di Dio.
La promessa di Gesù:
«Tutto ciò che voi domanderete nel Nome Mio, io lo farò» (Giov.14:13); corrisponde dunque, esattamente. a quanto dice l’apostolo Giovanni sotto altra forma: «E questa è la confidanza che abbiamo in Lui: che se domandiamo qualcosa secondo la Sua volontà, Egli ci esaudisce» (1ª Giov. 5:14)

  È evidente che una tale preghiera - secondo la volontà di Dio – può essere presentata con grande certezza e una infaticabile perseveranza.
E se pensata davvero e pronunciata
«Nel nome di Gesù», non sarà essa il riflesso del Suo amore e del Suo zelo per il Padre e per la Sua casa?

2. Pregare secondo la volontà di Dio

Ma come può realizzarsi questa identificazione della nostra preghiera con quella di Gesù Cristo? Come pregare secondo la volontà di Dio?

Il problema, come vediamo, è legato a quello della rivelazione della volontà di Dio.

Non può esserci dunque altra soluzione valida che quella delle Scritture, sola espressione obiettiva della Persona e della volontà di Dio, unica guida autorizzata della nostra vita di preghiera.

La Bibbia contiene delle chiare promesse sulle quali il cristiano può appoggiarsi per pregare con certezza.

Ma bisogna convenire che esse sono più rare di quanto si pensi abitualmente.

Non vi si trova, perciò, alcuna promessa incondizionata che possa garantirci il godimento ininterrotto di una buona salute fisica.

Potrebbe, dunque, essere dannoso infondere in certi malati la convinzione che Dio voglia necessariamente la loro guarigione: e ciò, anche sulla base delle ben note parole di Giacomo: «C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel Nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati gli saranno rimessi. Confessate dunque i falli gli uni gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri onde siate guariti; molto può la supplicazione del giusto, fatta con efficacia» (Giac.5:14-15)

Come abbiamo già notato nel capitolo 5, sembra che qui la malattia considerata sia legata al peccato (1ª Cor 11.30), anche se non è sempre questo il caso; Gesù lo ricorda in maniera inequivocabile quando guarisce il cieco nato (Giov. 9:2-3). Giobbe, che non sofferse a causa del suo peccato bensì a motivo della sua integrità, ne costituisce una prova incontestabile (Giobbe 2:3-6).

Paolo, in altre circostanze, per esempio nella malattia di Timoteo (1ª Tim. 5:13), anziché raccomandare il procedimento indicato da Giacomo, consiglia una semplice cura medica. Ci sarà bisogno di ricordare che proprio tale apostolo non venne guarito in risposta alla sua preghiera, bensì ricevette come una grazia superiore la vocazione di glorificare Dio nella sua infermità? (2ª Cor 12:6-9)

Dio non ha promesso nemmeno la liberazione di coloro che soffrono il carcere per la Sua causa, o la pace fra le nazioni della terra (Ebr. 11:35-40; Giov. 16:33; 2ª Tim. 3:2).

Ma questa mancanza di una precisa assicurazione non impedisce al figlio di Dio di pregare per i suoi fratelli che soffrono e di chiedere la loro liberazione.

Egualmente, egli può – e deve - supplicare Dio per la pace del mondo. Ma la sua intercessione, intensa e sincera, si fonderà sulla preghiera suprema:
«Tuttavia, non come voglio io, ma come vuoi Tu» (Matt. 26:39-42; Atti 21:14).

Per contro, colui che prega per la salvezza degli uomini può fondarsi su chiare espressioni della volontà divina:

«Quello che io desidero, non è che il cattivo muoia, bensì che cambi condotta e che viva» (Ezech. 33:11). Questa parola profetica è ripresa dall’apostolo delle genti, il quale conferma che Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e pervengano alla conoscenza della verità» (1ª Tim. 2:4). Proprio di tale volontà di Dio, Paolo fa la base della sua esortazione a «intercedere per tutti gli uomini» (1ª Tim. 2:1-9).

È possibile pregare ancora, e senza riserva alcuna, e con una perfetta certezza, per una maggiore santificazione di se stesso e dei propri fratelli, perché «quello che Dio vuole, è la vostra santificazione» (1ª Tess. 4:3);

per la pace e l’unità della Chiesa (Efes. 4:3);

per un maggiore coraggio nella debita testimonianza di Gesù Cristo;

per una maggiore abbondanza di saggezza dinanzi agli eventi ed ai problemi della vita (Giac. 1:5).

Per oggetti di questo genere Giacomo non esita a dire che la preghiera va indirizzata a Dio. «Ma chiegga con fede, senza star punto in dubbio; perché chi dubita è simile a un’onda di mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Non pensi già quel tale di ricevere nulla dal Signore, essendo uomo d’animo doppio, instabile in tutte le sue vie» (Giac. 1:6-8).

Sarebbe falso e pernicioso pensare che dev’essere così per ogni preghiera.

Se è da condannarsi il dubbio quando Dio ha incontestabilmente parlato,

nel caso contrario il dubbio sarebbe saggezza.

Sovente ci troveremo a dover confessare che «. . .lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene» (Rom. 8:26-27), lasciando allo Spirito di Dio la cura di pregare in nostra vece l’inesprimibile.

3. La ricerca della volontà di Dio

Benché la maggior parte dei nostri problemi pratici: le grandi scelte dell’esistenza e le piccole questioni della vita quotidiana, non abbia costituito l’oggetto di precise direttive da parte di Dio, tuttavia non sarà impossibile discernere la volontà di Colui che intende guidare le nostre vie.

L’apostolo Paolo mostrava di crederlo quando pregava il Signore di riempire i Colossesi della conoscenza della Sua volontà, in tutta saggezza e intelligenza spirituale, affinché essi potessero camminare in maniera degna di Lui (Coloss. 1:9-10).

Come si acquista tale conoscenza essenziale a una preghiera ardita ed efficace?

Ancora mediante la Parola di Dio. Ma non più direttamente.

Nella preghiera per i cristiani di Colossi da noi menzionata, Paolo collega la conoscenza della volontà di Dio con quella della sua Persona. Sarà infatti una migliore conoscenza di Dio a permetterci di discernere la Sua volontà.

Ora, come conoscere Dio se non attraverso la rivelazione che Egli ci ha dato di Se medesimo nelle Scritture?

Questo Libro non ha il solo scopo di comunicarci un insieme di informazioni obiettive su Dio, bensì di introdurci alla Sua conoscenza personale.
Soltanto il vivere una lunga ed intima vita comune insieme rende possibile la vera conoscenza d’una persona. Allo stesso modo, è in una comunione perseverante e amorevole della Bibbia che Dio si rivelerà.

La contemplazione della sua Persona e la ricerca infaticabile del Suo pensiero mediante una lettura assidua e meditativa del suo Libro potranno condurre progressivamente ad una certa identificazione tra Dio e il Suo figlio, che raggiungerà la sua pienezza nell’eternità mediante la conoscenza diretta di Cristo (2ª Cor. 3:18).

Ecco il mezzo di cui disponiamo per imparare a conoscere il pensiero di Dio al fine di orientare la nostra preghiera (1ª Giov. 3:2).

Ne consegue che le debolezze e le limitazioni della nostra natura e della nostra condizione di uomini ci impongono, qui, riserbo e modestia.

Così non avremo mai il diritto di imporre a chiunque una convinzione che noi soli abbiamo acquisita mediante la Parola o grazie ad un intervento dello Spirito: ciascuno rimane personalmente responsabile davanti a Dio.

Dovremo fors’anche rimettere in questione una convinzione che non arriveremo mai a far condividere ai nostri fratelli
(Rom. 14:22).

Il figlio dev’essere costantemente disposto a rettificare il suo pensiero e il suo cammino in funzione dei nuovi lumi che certamente appariranno sul cammino della fedeltà.

Il discernimento della volontà di Dio non ha mai fine. È il risultato d’un continuo rinnovarsi dell’intelligenza per mezzo dello Spirito di Dio, specie mediante il costante colloquio con la Bibbia (Rom. 12:2).

4. Uno spirito di obbedienza

Questo discernimento è pure, non dimentichiamolo, conseguenza d’una vita obbediente.

«Se uno vuoi fare la volontà di Lui (Dio), conoscerà se questa dottrina è da Dio» diceva Gesù (Giov. 7:17).

Ma Dio si rivelerà a colui che nel profondo del cuore è deciso a non tenere conto di tale rivelazione ed a continuare a vivere secondo le proprie idee?

Ritroveremo lo stesso pensiero sotto la penna di Giovanni, che scriveva: «e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da Lui, perché osserviamo i Suoi comandamenti e facciamo le cose che Gli son grate» (1ª Giov. 3:22).

Sarebbe questa un’altra promessa incondizionata? Certamente no, perché l’apostolo continua: «perché noi osserviamo i Suoi comandamenti e facciamo quello che Gli è gradito».

Come vediamo, si tratta qui di cristiani il cui desiderio sincero e profondo è di piacere a Dio.

Lo testimonia la loro condotta modellata sui Suoi comandamenti. Essi pregavano dunque Dio di illuminarli su quello che poteva piacerGli: c’è dunque da meravigliarsi che fossero esauditi?

La loro obbedienza, è vero, non era la causa dell’esaudimento, non costituiva un merito in virtù del quale dovevano essere esauditi nelle loro richieste (Efes. 2:8-9).
Semplicemente, la loro obbedienza era la traduzione nella vita dell’identità del loro desiderio con quello di Dio, così come la preghiera ne era la traduzione nel loro dialogo con il Padre.

Poiché la loro volontà si accordava con quella di Dio, essi chiedevano quello che Dio di certo avrebbe loro accordato (1ª Giov. 5:14).

Tanta conoscenza è il frutto d’una lunga comunione con Dio; ed è pure sempre perfettibile.

Non è, in genere, alla portata del giovane cristiano.
Pertanto questi - e lui soprattutto - ha bisogno di conoscere la volontà di Dio nei suoi riguardi.
Le grandi e nuove visioni e rimesse in questione degli inizi della vita cristiana reclamano la luce divina in misura tutta particolare.
Lo Spirito Santo saprà allora, per altre vie, illuminare il cammino di colui che cerca di piacere a Dio: mediante la chiesa in cui lo ho collocato, o le circostanze della vita che Egli dirige da Sovrano, o con altri mezzi di cui Egli dispone liberamente.

Il Libro da Lui ispirato rimane un riferimento sicuro, quale che sia il mezzo impiegato.

Ricorderemo soltanto che le indicazioni divine, quale che ne sia la natura, non potranno essere percepite, valutate e comprese nel loro esatto valore, se non quando saranno adempiute le condizioni della comunione con Dio: un cuore sincero, una coscienza purificata, e uno spirito di obbedienza.

5. Malgrado la nostra ignoranza

Infine, talune scelte, è ben vero, non possono attendere: s’impongono prima che noi abbiamo acquistato una piena certezza della volontà di Dio.

Dovremo allora contentarci, per agire, d’una convinzione anche insufficiente, purché sincera e lucida.

La mancanza di certezza potrebbe infatti prolungarsi e condannarci all’inazione: la quale, a sua volta potrebbe favorire un atteggiamento di pigrizia o di indecisione che comprometterebbe la nostra vita spirituale soffocando a poco a poco il nostro senso di responsabilità e il nostro spirito d’iniziativa.

La volontà di Dio si rivela qualche volta non prima dell’azione, bensì nel corso dell’azione medesima per la quale Gli si chiedevano indicazioni.

In mancanza d’una rivelazione precisa da parte di Dio, o perché trascinato da una convinzione che in seguito si è rivelata infondata, Paolo ha agito secondo il meglio della sua coscienza e nell’interesse della gloria di Dio così com’egli la comprendeva: egli pregava per la propria guarigione (2ª Cor. 12:8-9); ma soltanto nel corso dell’azione Dio gli ha dato una convinzione più giusta della Sua volontà.

Occorre, talvolta, saper assumere umilmente le nostre responsabilità ed agire con i lumi di cui disponiamo, per quanto deboli ed incomplete esse possano essere: dovremmo correre persino il rischio d’ingannarci, domandando a Dio, sinceramente, di correggere la nostra preghiera, all’occorrenza, in modo che essa possa identificarsi col Suo pensiero.


RIASSUMENDO:

Perseverare nella preghiera fino al suo esaudimento, ecco il dovere. Ma esso ha dei limiti, come del resto la preghiera stessa: anche questo c’insegna la Bibbia.


Pregare in Nome di Dio

L’espressione «in Nome di Dio» indica già certi limiti. Non è possibile, infatti, domandare qualsiasi cosa «in Nome di Gesù Cristo», se non quanto sia in accordo con Lui.

Guardiamo bene, dunque, dal pensare alla frase abituale «in Nome di Gesù», che conclude molte preghiere, come ad una formula magica che possa aprire tutte le porte e garantire l’esaudimento.

Per contro, presente o meno, quello che essa implica e richiede sempre è una identificazione della domanda con la volontà e i desideri di Cristo per noi.


Pregare secondo la volontà di Dio

Ma come può realizzarsi questa identificazione della nostra preghiera con quella di Gesù Cristo? Come pregare secondo la volontà di Dio?

Il problema è legato a quello della rivelazione della volontà di Dio. Non può esserci dunque altra soluzione valida che quella delle Scritture. La Bibbia contiene delle chiare promesse sulle quali il cristiano può appoggiarsi per pregare con certezza.

Ma bisogna convenire che esse sono più rare di quanto si pensi abitualmente.

- Non vi si trova, per esempio, alcuna promessa incondizionata che possa garantirci il godimento ininterrotto di una buona salute fisica.

- Dio non ha promesso nemmeno la liberazione di coloro che soffrono il carcere per la Sua causa, o la pace fra le nazioni della terra.

Per contro, ci sono anche precise, chiare espressioni della volontà divina su certe preghiere:

- Per esempio Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e pervengano alla conoscenza della verità»

- È possibile pregare ancora, e senza riserva alcuna, per una maggiore santificazione di se stesso e dei propri fratelli.

- per la pace e l’unità della Chiesa

- per un maggiore coraggio nella debita testimonianza di Gesù Cristo;

- per una maggiore abbondanza di saggezza dinanzi agli eventi ed ai problemi della vita


La ricerca della volontà di Dio

Come si acquista la conoscenza della volontà di Dio, essenziale a una preghiera ardita ed efficace?

Ancora mediante la Parola di Dio, la quale ci dà anche conoscenza della stessa Persona di Dio.

Soltanto il vivere una lunga ed intima vita comune insieme rende possibile la vera conoscenza d’una persona. Allo stesso modo, è in una comunione perseverante e amorevole della Bibbia che Dio si rivelerà.

Il discernimento della volontà di Dio non ha mai fine. È il risultato d’un continuo rinnovarsi dell’intelligenza per mezzo dello Spirito di Dio, specie mediante il costante colloquio con la Bibbia


Uno spirito di obbedienza

Questo discernimento è pure, non dimentichiamolo, conseguenza d’una vita obbediente.

Tale obbedienza, è vero, non è la causa dell’esaudimento, non costituisce neppure un merito in virtù del quale dovevano essere esauditi nelle nostre richieste, semplicemente, essa è la traduzione nella vita dell’identità del proprio desiderio con quello di Dio.

Tanta conoscenza è il frutto d’una lunga comunione con Dio; ed è pure sempre perfettibile.


Malgrado la nostra ignoranza

Infine, talune scelte, è ben vero, non possono attendere: s’impongono prima che noi abbiamo acquistato una piena certezza della volontà di Dio.

Dovremo allora contentarci, per agire, d’una convinzione anche insufficiente, purché sincera e lucida.

La volontà di Dio si rivela qualche volta non prima dell’azione, bensì nel corso dell’azione medesima per la quale Gli si chiedono indicazioni.